Fazio Lauria, un artista che ha subito una forte evoluzione nella scelta dei soggetti. Fiori, frutta, taglieri dall’esclusività ai fiori ed ai visi che sbocciano da essi. E poi i cavalli, simbolo della libertà. Le donne rappresentate nelle tele sono enigmi da interpretare per ognuno. La donna rappresenta la bellezza, così come i fiori, le cui corolle quasi si sciolgono nelle sapienti pennellate di Lauria. C’è però anche l’interpretazione della morte nei suoi quadri, a ricordare un forte dolore che ha segnato la sua vita: fiori bellissimi che poi si sciolgono in pennellate cadenti di colori, che si mischiano con tonalità differenti di bianco.
Nelle opere di Fazio Lauria, infatti, c’è la testimonianza di una ricerca continua che si ispira ad artisti famosi, Caravaggio per le figure, le maschere come De Chirico. Lauria ha trovato la sua strada, il suo stile. In alcuni quadri la frutta
diventa protagonista dell’opera, mentre il viso è come una maschera posata sul piano, lo stesso dove appoggia la frutta: il dualismo dell’uomo che di fronte agli altri presenta una nuova personalità. Più dipinti trattano soggetti femminili, provocatori, sbigottiti, dalle forme reali. I cavalli rappresentati in tonalità inconsuete per Lauria, hanno forme e muscolatura perfette. Ogni quadro è un‘esplosione di forme, colori
e sentimenti. Le coppie di donne appaiono in atteggiamenti che turbano. Sono opere perfette, di profondo significato artistico.
“Si può parlare di morte rappresentando la bellezza”, afferma l’artista ed il suo pensiero e il suo cuore vola verso la sua cara figlia, volata nel paradiso dei fiori, dei colori, dell’arte che fissa l’amore per sempre.
Dott.ssa Rosa Massari Parati
Sono entrata nella sua casa pochi istanti fa, non si direbbe affatto la dimora di un artista eccentrico, che fa sfoggio presuntuoso dei suoi talenti.
L’atmosfera si è rivelata immediatamente familiare, mi sono trovata a mio agio sin dal momento in cui il mio occhio ha accarezzato le pareti attraversate da un tocco rustico: le chiazze dei mattoni a vista.
Ho avuto occasione di presenziare al suo vernissage presso il Castello Visconteo di Pandino pochi mesi prima ed è stato lì che ho potuto apprezzare per la prima volta la sua arte, il suo ingegno e la sua umiltà.
Colori tersi, pennellate sinuose, le proiezioni della luce su un volto femminile, il crine sciolto dei cavalli al galoppo (ricordano alcune fotografie che ho avuto il piacere di vedere degli splendidi esemplari della Camargue) sapientemente resi nel candore dei loro mantelli con opportuni giochi di grigio azzurro nell’atto del movimento.
Per non parlare dei tripudi floreali, cascate di fiori, rose che colano come cera lungo il pannello sembrano liquefarsi in uno spettacolo di colore davanti allo sguardo rapito dell’osservatore.
Come una crisalide che mostra a poco a poco le meraviglie che contiene, Fazio Lauria si proietta negli ambienti con discrezione, quasi con tatto, ti offre il caffè, ma solo in un secondo momento scopri che anche le tazzine dalle quali hai bevuto sono opera sua.
Ti conduce dentro al suo vissuto con estrema naturalezza, non è solo un pittore, è uno sperimentatore, negli oggetti quotidiani lascia la sua firma.
Dai chiodi vecchissimi e ferro apparentemente inutilizzabile crea una lampada da interno sferica che irradia in un gioco di luce ed ombra il salotto.
Anche il salotto parrebbe comune, ma poco sopra la tv accesa a guardia dell’accesso alle scale un Hermes di Prassitele a mezzobusto in livrea floreale (dipintagli addosso dal pittore medesimo) saluta gli ospiti con uno sguardo silenzioso.
La vera sopresa è il piano superiore: la sua struttura mi ha riportato alla memoria il locale principale delle antiche domus, l’impluvium (dove si raccoglieva l’acqua piovana) si presenta come un collage tra il classico e il contemporaneo, accostamento per nulla kitsch; un intento preciso collega gli arredi, una volontà demiurgica si colloca alle spalle di ogni quadro, di ogni oggetto.
Una poltrona stile animalier sulla sinistra, una testa di panthera pardus vigile si riproietta nel quadro poco oltre: una scena termale, uomini e donne in toga bianca o seminudi si accingono al bagno. In primo piano sempre lo stesso felino.
Anche il tavolo dove risiede a mezzobusto una Venere di Milo floreale è animalier, stavolta è però una zebra a farsi strada tra le striature, il cristallino del suo occhio è reso con una pennellata sicura ed estremamente gratificante per la vista.
I fiori sono il leitmotiv dominante, si mostrano in tutta la loro gloriosa bellezza per poi fondersi con la tela, scivolare lungo la superficie e lasciare al godimento estetico dello spettatore una sottile inquietudine.
E’ una continua sperimentazione, un continuo perfezionamento, da un tocco sfumato e quasi impressionista, attento al movimento e alla luce (mi riferisco naturalmente a un dipinto in particolare, CAVALIERI del 1977) al vedutismo vero e proprio sempre reso attraverso il medesimo tono (VENEZIA-SAN MARCO 1977 e MILANO-IL DUOMO 1977).
Passando in rassegna quadri e cataloghi, il movimento domina incontrastato in una cavalcata, in un’emozione impressa con intenzionalità e mai con arbitrarietà, pennellate dal tono futurista sono certamente: LA MOTO, CAVALLI e GALOPPO del 1976.
Eppure la stessa moto che parrebbe così fuori posto in DEJEUNER SUR L’HERBE, 1978 si trova a fungere da complemento ideale tra un passato che è somma conoscenza della tradizione artistica e contemporaneità, oserei dire con bonaria ironia che lo stesso Manet sorriderebbe compiaciuto di fronte a un simile virtuosismo e non solo per il tributo reso
esplicitamente al suo capolavoro attraverso quest’opera.
Si potrebbe dire lo stesso della VENERE IN METRO, piuttosto che del riso della GIOCONDA con la pistola alla tempia che si fa beffardo, cinico come se stesse giocando alla roulette russa e non avesse nulla da perdere. Ogni istante è reso nella sua autenticità senza malizia, se mi è consentita una sfacciataggine di sapore letterario, ebbene Fazio Lauria è un novello
Lodovico Ariosto della pittura: si è trascinati nel suo turbinio: appare allegro, carnevalesco, primaverile, spassoso a tratti eclatante.
Eppure se meglio lo si osserva emerge nel tributo al colore, nell’inclita perfezione e resa delle forme un senso di riflessione, di profondità della vita del suo senso ultimo.
È uno schiaffo diretto allo sguardo dell’osservatore la carcassa del CONIGLIO 1985, reso anatomicamente senza eufemismi, in una natura morta che ha tutto fuorché quello che ho poco sopra espresso.
Sarò diretta, non è solo nudo e metamorfosi statuaria. Altrimenti ridurremmo il tutto a impatto visivo e niente altro.
È l’umanità, il CONIGLIO è UMANO richiama alla necessità materiale del nutrimento che passa attraverso un atto di crudeltà e un sacrificio.
E un altro sacrificio più grande ancora è quello spirituale.
Rimbalza in un suono atono dall’urlo del Dio fatto uomo in CROCEFISSIONE del 1982, dove lo squarcio provocato al costato dalla lancia di Longino viene riportato sullo sfondo, zoomato.
È l’ultimo atto di un dolore ancestrale: il carico disumano, una somma di innumerevoli peccati su un solo individuo trafitto.
L’urlo di dolore non si arresta, passa sulle labbra di una Vergine addolorata nella DEPOSIZIONE 1984, lo strazio indescrivibile del lutto e della perdita.
Fazio non è la maschera di questo teatro è la genesi, l’attore principale. È un reale che si perpetua nella dimora di un artista cosmopolita che sviscera, sonda e anima. Incontrarlo è ascoltare i suoi quadri, percepire il suo silenzio e la sua riservatezza.
Non si farà chiamare Maestro, non vi dirà che le labbra femminili sulla tazzina dove avete appoggiato le vostre per gustare il caffè sono opera sua.
Avrete assaggiato un dettaglio, inconsapevolmente, ma lo avrete assaggiato.
E anche nel suo studio vedrete una fucina instancabile, unblocco di pennelli e altri quadri, un movimentato disordine REALE, nemmeno quella pressa che opprime una sostanza magmatica all’ingresso è casuale. L’ispirazione opprimente si libera sulla tela e così - e solo così - nascono i capolavori.
Uscendo vi parrà di essere stati a casa di un amico, vi saluterà con una stretta di mano e un sorriso, vi lascerà un intimo desiderio di tornare a fargli visita per apprezzare ancora quell’alito creativo, i suoi silenzi autentici.Questo fa di Fazio Lauria un Maestro di ogni forma d’arte che riesce a produrre, anche se lui per modestia o pudore non si farà chiamare così, ma quel desiderio di rivederne l’opera e lo sforzo è certamente l’emozione che solo un grande artista può lasciare dentro ognuno di noi.
Vera Recanati
Lauria è, per chi lo conosce, magari solo superficialmente, il pittore delle maschere, ma, rivela, non ha sempre fatto il figurativo. D‘altro canto, per chi ha sessant’anni e dipinge da più di cinquanta, dei passaggi di stile sono più che scontati.
Si, cinquant’anni perché Lauria ha sempre dipinto.
Lauria comunica sempre grande padronanza di sé e, complici anche i tratti somatici decisi, soprattutto gli occhi da lupo, mette anche un po’ in soggezione. Di carattere è fumantino si sa che può esplodere, ma è anche un timido.
A casa sua, Lauria ha una pressa che sta spiaccicando un materiale che pare cera o colla. Un chiaro simbolismo anni Settanta. Un cimelio del suo primo periodo artistico. Però nel giro di poco Lauria decise di passare al figurativo. Ora le sue opere figurative, che sono fruibili su due livelli. Uno è
accessibile a tutti, è un bel figurativo, con un tratto preciso, pulito, dimensioni perfette, muscolature studiate, con perizia.
Opere che scavano sempre nella bellezza (unica eccezione il quadro del coniglio morto, che resterà una parentesi nell’opera dell’artista e che, in ogni caso, pur essendo morto e scuoiato, è bellissimo).
C’è il secondo livello, quello con il messaggio, che per lo più negli anni è rimasto lo stesso: la realtà non è come sembra.
Ne abbiamo una visione parziale (le donne con i visi strappati, i cui ritratti a volte sono addirittura dipinti sopra il tessuto) e la realtà è piena di maschere, che si staccano, e lasciano a volte anche solo intuire ciò che vi è dietro. Oppure c’è il travestimento, donne truccate da arlecchino, o che reggono la maschera. Tutto bellissimo, tutto fasullo, e magari ciò che è dietro è ancor più bello di ciò che c’è davanti. Di chi fidarsi ?
Il fiore perfettamente reso, pittoricamente, ma anche qui è metafora. Certo, si tratta di gigli, rose, girasoli perfetti, ma realizzati su strati e strati di colori e di forme (dice che di media impiega due settimane per quadro, ma a volte lavora anche su due o tre tele in contemporanea, perché quando gli viene un idea la mette giù e poi ci ritorna di volta in volta).
Il colore cola, e questo fa capire che c’è qualcosa, ”dietro”.
Ma non solo, il fiore è chiaramente un pretesto.
Dopo tanti anni a dipingere donne immobili (e i quadri di Lauria sono piuttosto sexy o addirittura erotici) ora il pittore si è appassionato alla velocità e al tratto. Gli piace che si veda come ha messo le pennellate, e che si intuisca magari una certa furia. Non per nulla tra pittori che stima (con Andy Warhol e Caravaggio) ci sono gli Impressionisti Astratti, uno per tutti Jacson Pollock. Il movimento, quello stesso movimento che rende nei suoi numerosi quadri di cavalli.
La tecnica è sempre l’olio è il suo elemento, seppure abbia anche alcuni disegni a carboncino. In olio faceva anche le illustrazioni per le riviste, in particolare Playboy nel periodo in cui per vivere era illustratore. Ma si è cimentato anche con la serigrafia.
Oggi Lauria è un professionista per tante ragioni non solo per la padronanza delle tecniche (che da qualche anno mette a frutto anche su oggetti d’arredo: ha realizzato, tavoli cassapanche addirittura poltrone in stile. Lauria recuperando mobili vecchi restaurandoli e quindi dipingendoli: ci sono
toilette fiorite, tavoli zebrati e poltrone leopardate, con tanto di testa dell’animale, resa con un realismo che incanta), ma per il fatto che ha da dire, e che non teme la sua vena diventi secca, anche se, ”forse avrei dovuto seguire il mercato, adattarmici.
Allo stesso tempo non ci riesco, voglio fare ciò che mi va. Se mi si dice che devo seguire uno stile, proprio non ci riesco”. Spavaldo com’è, accetta tutte le sfide. Non per nulla iniziò a fare anche quadri religiosi (dipinge perlopiù il Cristo, rendendolo molto umano e sofferente, a volte anche
arrabbiato) dopo che gli era stato detto: ”ma ne faresti mai?” e aver risposto: ”Assolutamente no!”. Poi evidentemente ci torna sopra con il pensiero, e decide di provare. Perché no?
In fin dei conti, lo ammette lui stesso, una parte del suo cervello non smette mai di pensare all’arte, quindi ogni input può essere quello buono per crearci un dipinto. E qui arriva la terza caratteristica necessaria per essere un artista: avere un’idea.
“Io ho le idee e le rendo sulla tela. Non sempre è facile e a volte mi arrabbio, e ho la fortuna che essa trovi riscontro negli altri, che piaccia e che il mercato dell’arte è interessato a me. Avere un idea, questo è ciò che più conta”.
Il che porta a una considerazione: Lauria ha una sua linea e vi resta fedele, nonostante i cambiamenti di tematica che si sono visti negli anni. Le idee sono chiare e il percorso gli si snoda davanti. Rimpianti non ne ha, a parte quello dell’insegnamento.
Quando era studente a Brera diede delle supplenze una settimana in istituto privato. Non ne volle più sapere. ”Non mi piace”.
Silvia Tozzi
Devo confessare che ho volutamente evitato di partecipare all’inaugurazione della mostra di Fazio Lauria tenutasi nella Sala degli Affreschi del castello di Pandino il 17 Marzo 2016.
A mio parere la maggior parte delle persone si reca alle inaugurazioni
per convenzione (e non convinzione): sorridono e ammiccano e parlano di banalità approvando e lodando incondizionatamente le opere esposte, sviluppando le convenzioni sociali, quasi a sfiorare la pantomima, che devono essere mantenute indipendentemente dal giudizio critico
sull’operato dell’artista.
Ho quindi visitato la mostra successivamente scegliendo una giornata particolarmente poco luminosa al fine di poter maggiormente godere dell’esplosione cromatica che mi attendevo, ben conoscendo, la tecnica di Fazio.
Ho così potuto “immergermi” nel gioco virtuale che si basa su uno scambio ottico che nasce dalla contrapposizione tra il massimo colore della superfice del quadro e l’essenza delle forme assolute che vi sono distribuite.
Nelle sue opere la materialità del corpo femminile viene esaltata, ed assurge, per mezzo di un violento contrasto cromatico alla sublimazione, a volte spregiudicata, della profonda sensualità femminile.
La carnalità dell’impianto pittorico dell’Artista emerge prepotentemente
nel tratto deciso, volitivo ed imperioso: il quadro rappresenta solo la parte visibile del mondo; il tratto significante di Fazio consiste nel ricondurre sul piano materiale la perfezione spirituale, rifacendosi alla nostra tradizione
pittorica e sviluppandosi in una tecnica ed una manualità fondata, in un continuo progredire, su solide basi di studio ed applicative.
Silvano Gandini
Fazio Lauria
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